Non è necessario spendere troppe parole per sottolineare l’importanza e centralità del sogno nella clinica, nella tecnica e nella teoria psicoanalitica, che nasce, già adulta, dall’analisi della procedura attraverso cui si assemblano e costruiscono i significati del sogno che funge da epistemico buco della serratura per spiare i meccanismi e le dinamiche dell’apparato psichico. Freud era certo che i significati rinvenuti con l’esercizio del metodo psicoanalitico devono essere considerati speciali, originali, sorgivi, più veri di qualunque credenza cosciente noi si abbia riguardo a noi stessi. Il sogno infatti è la via regia verso l’inconscio e si pone come forma di comunicazione, per quanto criptata, tra gli strati più profondi e rimossi del mondo di dentro e il suo pilota (non troppo) consapevole. Oggi non siamo più così certi che i sogni siano questa sorta di posta elettronica che ci fa pervenire messaggi dettagliati e precisi da un inconscio così centralizzato, organizzato e, a suo modo, sapiente. Il contesto teorico, in cui quell’inconscio si poneva come snodo e pietra fondante del pensare e dell’agire psicoanalitico, è venuto meno con la falsificazione della teoria dell’apparato, che esigerebbe un cervello assai differente da quello di Homo Sapiens, la cui conoscenza è andata sempre più ampliandosi negli ultimi 70 anni dopo la sua morte. Assai più di quanto Freud potesse saperne conosciamo non solo il cervello che veglia ma anche il cervello che dorme continuando, durante il sonno, la sua indefessa attività di poco inferiore a quella dello stato di veglia. Altrettanto, sotto molti aspetti, non può dirsi, però, del cervello che sogna o, per meglio dire, la pur perspicua conoscenza dei meccanismi del cervello che sogna non sembra risolvere in modo decisivo il problema del ruolo e della funzione del sogno, ma soprattutto non sembra poter stabilire una volta per tutte se al sogno debba e possa essere attribuito un significato.
E’ ormai chiaro che è da ritenere superata l’idea, per tanto tempo considerata certezza, che connetteva strettamente e univocamente l’attività onirica al sonno REM. Sogno e attività mentale simil-onirica, in realtà, avvengono in tutti gli stadi del sonno compreso il sonno profondo a onde lente e, a dire il vero, possono verificarsi anche nella veglia. Per quanto i dati non siano del tutto inequivocabili e definitivi, è comunque ipotesi molto condivisa e credibile che il sogno abbia una funzione di riordino delle esperienze diurne per scartare le cose di poco conto, per trasferire i dati importanti dalla memoria a breve a quella a lungo termine e per integrare le nuove esperienze, percezioni e acquisizioni con quelle strutturate nel passato. E’ congettura, inoltre, abbastanza condivisa che l’attività onirica abbia la funzione di ampliare le connessioni sinaptiche e di eliminare i metaboliti accumulati nella veglia, che sarebbero dannosi per il funzionamento del cervello.
Al di là di queste funzioni più generali del sogno e del sognare resta però indeciso il problema del significato e, in concreto, il problema di sapere se il sogno che Giuseppe ha appena raccontato abbia un significato preciso e identificabile come sostenuto da Freud e in maniera differente anche da Jung e da generazioni di analisti freudiani e non.
Aspettarsi che siano le neuroscienze a dare una risposta a questa domanda, forse però, è come pretendere che il tabaccaio ti venda con le sigarette anche il pane e il prosciutto! Le neuroscienze hanno a che vedere con i meccanismi e i processi, ma non con i significati idiosincratici e i contenuti, che tuttavia spesso hanno un effetto di ritorno anche sui processi. Quel prosciutto, che il tabaccaio non ha da vendere, peraltro, è stato ed è tuttora oggetto di traffici ideologico-fideistici molto confusivi dai tempi di Giuseppe il patriarca e delle sue sette vacche magre e grasse o da quelli di Artemidoro sino alla smorfia napoletana e alla vecchietta del piano si sotto che si aspetta di avere in sogno dal marito, morto da 20 anni, indicazioni su alcune questioni per lei incerte e problematiche.
Il problema del significato del sogno, almeno allo stato degli strumenti disponibili, non è problema osservazionale, ma teorico e da affrontare, quindi, con la formulazione di ipotesi e congetture che, poggiando sul già conosciuto, consentano di gettare uno sguardo nella pancia del non conosciuto. Per metterci sulla via di poter rispondere perciò alla domanda se il sogno, che Giuseppe - il nostro, non il patriarca, - ha appena raccontato, abbia o no un significato, potremo tentare di entrare furtivamente, magari in modo semiserio, nello stanzino oscuro che fabbrica il suo sogno per vedere in che modo l’artigiano addetto ai sogni di Giuseppe lo costruisca, utilizzando quali abilità, quali procedure e quali strumenti. Prima ancora di entrare, però, ci può cogliere un dubbio: la semplice domanda se il sogno di Giuseppe abbia un significato non è forse troppo generica e imprecisa? Nel sogno di Giuseppe si dovrebbe, infatti, più logicamente, distinguere tra:
- 1° il sogno come fatto;
- 2° il sogno narrato da Giuseppe,
- 3° il sogno riferito successivamente da Giuseppe ad altro soggetto, magari a un terapista.
E’ ragionevole pensare che il problema del significato si ponga in maniera differente nelle tre differenti occorrenze.
A Freud, che non si preoccupava di queste distinzioni e aveva un’accezione datata di “significato”, sembrava ovvio assumere che il sogno abbia un preciso significato nel suo avvenire come fatto perché è nel processo del lavoro del sogno e a partire dal desiderio rimosso (l’“imprenditore”!) che si costruiscono sogno e significato. Oggi tale assunto potrebbe però essere considerato né certo, né necessario né, al momento, decidibile con la strumentazione disponibile. Il sogno come evento che avviene nel momento x è un prodotto del cervello che dorme e non è del tutto irragionevole pensare che in quanto tale non abbia alcun significato e sia in sé soltanto una congerie confusa e frammentata di immagini, una sorta di vorticoso caleidoscopio onirico attivato da stimoli autoprodotti dal cervello nel riconsiderare i residui diurni e che, dunque, sia in definitiva un prodotto di scarto, un residuo di lavorazione di un lavoro fai da te, di cui poi, a terra, sotto il tavolo resta questo residuo come i trucioli del falegname o gli schizzi di prova di un artista.
Lasciando, però, in sospeso la domanda rispetto al sogno come fatto e venendo invece al sogno come narrazione, non si dovrebbe invece persino pensare che il sogno narrato non sia un affatto un prodotto del cervello che dorme, ma piuttosto un prodotto del cervello che si risveglia e che, ritrovandosi innanzi la congerie confusa di immagini del sogno come fatto, si trova indotto a ordinarne gli elementi in una storia a causa della difficoltà tutta umana ad accettare il disordine disparato e la profonda e insita tendenza di Homo a intessere storie? Costruendo la storia, potrebbe anche usare la sua abituale ricetta per costruire significati al modo di un cuoco buffo che si lasciasse guidare dalla ricetta, ma utilizzando gli ingredienti un po’ alla rinfusa a seconda della disponibilità, della vicinanza o del colore o di qualunque altra convenienza. Nella narrazione del sogno a un terzo, infine, è del tutto logico ipotizzare ulteriori significati o un surplus di significato come conseguenza del fatto stesso di narrarlo ad un altro con conseguenti modificazioni “difensive” della narrazione o con significati supplementari connessi all’immagine di sé e a domande aspettative e scopi impliciti nella relazione.
Se si imposta in questo modo la questione, forse il problema del significato del sogno si porrebbe in un modo, se non più semplice, certo differente. Se il sogno narrato è un prodotto del cervello che si risveglia e se il cervello che costruisce la narrazione del sogno è il medesimo cervello che tesse tutte le altre sue storie, perché nel costruire un sogno dovrebbe utilizzare procedure di costruzione del senso differenti da quelle che utilizza normalmente nell’adempiere tutte le sue incombenze? In questa ottica il problema del significato del sogno si restringerebbe alla necessità di spiegare le bizzarrie espressive del linguaggio onirico nel contesto dei più ampi e generali processi di significazione e narrazione.